martedì 19 aprile 2016

Il titolo di questo saggio letterario è desunto dai versi 45 – 46 della seconda satira di Giovenale. Infatti tutto il libro è stato costruito intorno alla traduzione e al commento analitico di quel componimento del grande satirico di Aquino. La scelta del brano non è stata casuale, ma ha risposto al desiderio dell'autore di allargare e nobilitare il discorso sull'omosessualità e sull'omofobia mediante il ricorso all'autorevole testimonianza di un “classico”. Tra i tanti spunti, ora ferocemente critici, ora tendenti al comico – ma un comico amaro, che sfiora il grottesco –, è innegabile che quello più polemico sia quello di Laronia, la cortigiana di facili costumi, ma dalla mente acuta, che difende le donne dalle accuse rivolte loro dai “molles” e a sua volta contrattacca mettendoli alla berlina. Giovenale a chi lo legge con attenzione può apparire un precursore dei nostri tempi, perché in tutte le Satire tratta temi di grande attualità come il ruolo della donna, l'omosessualità, l'immigrazione, la funzione della cultura e lo scarso apprezzamento riservato dal potere agli intellettuali indipendenti. O, forse, alcuni problemi sono caratteristici di tutte le società, una volta che siano arrivate a un certo grado di complessità, a prescindere dalla loro collocazione nell'arco della storia. Comunque sia, Giovenale sembra nostro contemporaneo anche in virtù di molte felici sentenze divenute proverbiali e che, proprio perciò, seguitiamo a citare ogni giorno, anche a sproposito, pur ignorandone a volte l'autore, come è il caso di: “mens sana in corpore sano”. In conclusione, dati i tempi perversi in cui è vissuto, e considerando la sua perizia nel maneggiare la penna, comprendiamo bene che per il suo sdegno "difficile est saturam non scribere".